giovedì 28 ottobre 2010

La giovane donna perfetta ospite della mia padrona di casa indossa moonboot di pelo finto bianco come i suoi capelli e jeans con gli strass.
Nella vita ha fatto tutto. Da sola. Hai capito? DA SOLA.
Ha progettato e costruito sedie e città.
Non ha fatto carriera in università perché quelle belle come lei non fanno carriera in università, tutti se le vogliono scopare, non vedono quanto sono intelligenti e preparate.

Ha scritto un libro su piazze reali e piazze virtuali ma non sa nulla di piazze virtuali, di quelle si occupa l'altro autore che è giornalista rai, scrive ficscion, l'ha invitata in trasmissione più e più volte. Lei scrive la storia della piazza reale. In 2 comodi fascicoli a puntate.

Faccio fatica.
A gestire l'invidia.
Per i capelli color moonboot di pelo bianco.
E la faccia marrone da fondotinta di pupa.
Per il narcisismo sfacciato che ti fa andare avanti comunque.
Per saper farci qualcosa della paura e dell'imbarazzo di avere un buco in mezzo alle gambe.

martedì 26 ottobre 2010

surrealismo a portata di mano, quando ti bacio ad occhi aperti
quando autografi il mio diario con una penna bagnata
ci vorrebbe una specchio a lunga durata
non basterebbe a dirmi chi sei, se eri.

la poesia è un pettirosso sulla sedia
la poesia è un fastidio
sempre là dove nessuno lo vuole

The minutes that really matter
are the minutes I spend helpless

venerdì 22 ottobre 2010

bruciano sulle tue gengive secche, come coriandoli di carta velina, quel movimento spezzato con cui tiri il labbro superiore per ricoprire gli incisivi di una patina di saliva e nascondere la secchezza dei tuoi orifizi e l'orrore delle tue parole.

hai una tagliola al posto della bocca e apri e chiudi e falci vite e futuri e bambini e cuscini di divano e cibo per gatti.
la tua piccola testa di topo su corpo di vomito di corpo: avanti e indietro, destra e sinistra.
racconti nervosa dei vantaggi organizzativi e democratici dell'investimento pubblico in vasi di fiori da appendere a finestre di case dove non c'è riscaldamento per tutti.

la forchetta ti pianto nel collo più e più volte e ti apro la gola con le mani, ti strappo la trachea, fa un rumore come quando disosso il pollo.

poi fuori è freddo ma senza stelle e ho i lampi nella testa ma non mi sento in colpa per averti tracheotomizzato, solo a disagio per la mia dissonanza con le regole del buon vivere sociale che mi obbliga a odiare i miei compagni.

mercoledì 20 ottobre 2010

Mi sveglio sempre più presto, in una luce blu.
Mi faccio piccola nel letto, non ho coraggio di allungarmi.
Sono sempre più confusa, intorbidita, amara, stitica, un rovo di spine.
Ho paura ad infilare la mano là dove una volta andavo a massaggiare gli spigoli, a renderli curvi.
Guardo il mio riflesso che ritorna una donna che non riconosco.
Sul margine del cerchio che ha centro tre dita sotto il mio ombelico e ha raggio sulle mie braccia lunghe, sottili e segnate da vene azzurre, tutto sembra scorrere di una leggerezza inusuale.
Quelli che incontro mi sorridono, mi ascoltano. Io non mi sento parlare.


È nato un altro seme di avocado.
Devo fidarmi della vita materiale.
Dentro, nel rovo, giace una bestia fiacca e senza più genia.
Adesso fuori c'è il sole. Devo bere a piccoli sorsi, contare i singulti.

lunedì 18 ottobre 2010


nuovo teorema
"what about goodness?"
"someone else always has to pay for your goodness."


fine del buonismo salvifico e della buonezza mistifica per decretata inefficienza economica.
meglio trasfigurarsi in se stessi, attraverso una meticolosa pratica dell'assurdo radicale inclusiva di burocrazia a la brazil.
pochissimi i rischi collaterali: al massimo vi ritrovate in perizoma e giubbotto di pile a seppellire in un deserto di neve un cane nero che vostra moglie ha ammazzato a coltellate.
oppure vi ritrovate a mangiare le budella del e dal cadavere della vostra amante su una pista di pattinaggio su ghiaccio alquanto nebbiosa.

che volete che sia.

(oltre a PPP io ci ho visto pure Bela Tarr, ma io vedo Bela Tarr ovunque)

domenica 17 ottobre 2010

quando l'occhio interno si annoia, sento la testa lentamente riempirsi di grigi fascismi mascherati da psicologismi da sciampista.
frasi come "non ho una direzione".
un'accademia della crusca di precotte pappette in forma di parole sconnesse.

ho un corpo che sente, che sa, che vuole raccontarmi di me. mi fermo ad ascoltare.
il mio ginocchio ad esempio.
sa di quando sono caduta dall'altalena per bambini e avevo quindici anni e una vespa 50 bianca ereditata da mia sorella che leggeva linus e si beccava gli sberloni di mio padre perché era iscritta alla fgci.
sa delle risate di mimmo quando, caviglia debole quale sono, inciampavo facilmente e su quel ginocchio cadevo, sbucciandolo e a volte strappando i pantaloni.
sa di quelle lenzuola ruvide, un novembre fa, che l'hanno arrossato mentre stavo sopra ad un uomo che poi da quelle lenzuola è scivolato via, un'altra schiena da salutare.

e questo pelo sul mento, che cresce e io strappo, e cresce e io strappo e indifferente, racconta di una testardaggine ignara e un destino naturale, frasi brevi (niente peli lunghi sul mento).
i miei peli hanno valori, di perseveranza e innocenza.
non gli serve una direzione

sabato 16 ottobre 2010

scheletro di ragno, vuoto.
sarcofago di blatta, melmoso.
vi odio perché non mi volete.
vi odio perché vi volete tra voi.
l'odio mi fa bagnare e mi fa venire voglia di iniettare il cancro ai vostri figli.
però poi finisce solo che mi masturbo.

coro di uh oh, questa è pazza, malata, via via scappare.
voglio passare questo sabato con te che non sei scappato e che non mi hai mai detto brava.

giovedì 14 ottobre 2010

tanto l'ho aspettata, è nata vuota e cobalto e occhi, la mia meraviglia.
di tutto si abbraccia.
di tutto si bagna.
di tutto si paura.
non distingue tra mattoni sporchi, elicotteri, bianco a righe, foglie rosse, mal di testa, lombrichi, bionde faunesse.
al centro del mandala attende e guarda e sorride.
gli intellettualismi dei perché, dello sguardo introverso, dello specchio sociale sono lontani, lontani.

ho la pace della mano tesa a sfiorare il mondo.
al prossimo amante chiedo di spezzarmi un braccio.
lo riaggiusterò storto e non dimenticherò più la meraviglia della sua voce soffiata prossima al mio orecchio sensibile.

mercoledì 13 ottobre 2010

tesa e torta come una sartia salmastra, arrotolata e ruvida.
corde tese sotto la pelle.
la notte passata a sentire colinergie in circolo e respiro corto.
la notte è passata ad occhi freddi e nocche bianche.
la mattina è arrivata incerta.

I am scattered

martedì 12 ottobre 2010



































che cosa ha significato essere desiderata da te?

su quella spiaggia, su quella sabbia dove si è incarnato in dita intrecciate, il tuo desiderio di me, il tuo desiderio della donna che so di essere, il tuo desiderio della donna che sono.
contro quel vento e sotto quel cielo che ti ha visto consapevolmente, colpevolmente iniettarmi il desiderio di te e risvegliarmi.
il tuo desiderio di me esplicito, sfacciato, bambino, senza domande, senza dubbi perché mai ha interrogato se stesso, mai si è soffermato a guardarsi riflesso, occhi puntati su di me, le mie parole piene del desiderio di te.
mi hai desiderato come sono, rotta, cinica, confusa e avvelenata, il tuo desiderio mi ha insegnato a volere quello che voglio, mi ha liberato dalla colpa, dalla vergogna, dalle domande che non servono.

essere desiderata da te è stato come dormire tra le braccia di dio.
ma dio non esiste. forse tu.

lunedì 11 ottobre 2010

in questo fine settimana ho avuto tempo per:

  • non fare niente di quello che dovevo fare;
  • vedere una mostra di gauguin;
  • un incontro a metà strada tra psicanalisi e buddismo su saggezza e desiderio;
  • comprare scarpe che non so come pagare;
  • infatuarmi di un uomo che ho annusato per pochi minuti per poi scoprire che appartiene ad altre labbra. e pensare che già mi vedevo in ginocchio con il suo uccello in bocca. come al solito mi resta solo una domenica notte di youporn, law&order e hrabal.

buonanotte e benvenuti in questa settimana.

domenica 10 ottobre 2010

Non voglio rassicurazioni e non ne offro.
Da me non ti verrà mai la pacca sulla spalla, la negazione del tuo male e della tua piccolezza, il complimento bugiardo anche quando sincero, che impicca perché nega il diritto ad essere marci, stronzi, fetenti. Desiderati e marci. Voluti e marci. Senza compromessi, senza condizioni.

L'ansia di chi cerca bellezza e sollievo in ogni cosa, in ogni curva e retta del mondo e di se stesso mi fa orrore, una prigione francese del diciottesimo secolo con ratti e blatte mi pare un sollievo al confronto. Io sono merda e ne vado fiera. Sono fiera di avere abbandonato ogni coscienza e bisogno di stare dentro questo insaziabile nirvana in cui non esistono nemmeno più le parole, le idee per descrivere e raccogliere la purezza e l'onestà dello sguardo che non nega la notte, la lama, i muchi, lo sperma, che non chiede permesso, né perdono.

Non ho bisogno dei sogni banali e imposti da chi mi vuole china, piegata in immondi e immensi sforzi quotidiani per raggiungere cosa? Piacermi allo specchio? Piacermi quando parlo? Farmi piacere il convenzionale o l'anti-establishment? Non me ne frega un cazzo di essere accettata, è un ragionamento da trogloditi, da primitivi, conformista, enormi infinite gigantesche stronzate con le quali mi rassicuravo una volta, che hanno bruciato più ore inutili di quante non ne abbia bruciate guardare House tutte le sere.

Da me non ti verrà mai una rassicurazione. Se vuoi venire qui a vomitare io mi siedo nel tuo vomito e insieme lo celebriamo. Questo te lo posso dare. Questo te lo voglio dare. È un tuo diritto.

Io voglio lo stupore nei miei occhi, la meraviglia che c'è dentro di te, il tuo desiderio della mia devianza.

sabato 9 ottobre 2010

Qualcosa è mancato, un sostegno, un tutore come per le piante.
Non conosco regole di funzionamento se non quelle dettate dall'istinto che spesso sbaglia.
Le vorrei ma non sono venute, me le sono dovute dare e tante non funzionano perché a 11 anni non sai niente e ti inventi una struttura identitaria costruita su un misto di genitori crudeli e cartoni animati giapponesi che diventa una bibbia, un vangelo dell'assurdo e intanto cresci come un animale piegato dagli eventi.

Dentro, che fuori una parvenza di struttura ce l'hai. Se non altro per aver copiato quella degli altri.
Ma per dartela dentro arrangi il mondo come viene.
Quindi in realtà, questo pastrocchio di carne e pensieri che sono è anche figlia mia. Sono mia figlia e mi sono tenuta insieme, mi sono fatta crescere e venire bella come piace a me.

Mai avuto la sensazione che la vita debba ancora cominciare?
Io sempre. 
Penso che è perché non mi hanno salutato sulla porta di casa, quella mattina, prima di andare a scuola.
E io sono lì, ad aspettare che mi dicano che va bene alzarsi e andare e che saranno lì quando torno all'una per pranzo.
E invece no. Non me l'hanno detto.

venerdì 8 ottobre 2010

in tutti i miei incubi c'è sempre il fraintendimento e la punizione per il fraintendimento.

la frustrazione non nasce perché il messaggio aveva un senso quando è partito e un altro quando è arrivato, ma perché già da principio ho usato una parola per dirne un'altra. Il fraintendimento non è nel significato ma nei fini, questo lo rende doloroso.

la fatica di sisifo non è farti capire cosa dico, quello te lo posso spiegare, ma riuscire a dirti cosa voglio, perché quello non lo so nemmeno io. probabilmente niente, ma questo non volere niente non è dato in questo mondo, 2010 europa occidentale, bisogna sempre volere qualcosa o qualcuno no?

ma perché la punizione? in quale fragilità mi pongo nel non saper dire cosa voglio?

camminando veloce in mezzo a strade nuove ieri sera pensavo che vorrei vivere accanto ad un uomo sordo, che capisca il messaggio al di là delle parole.
visto che io non riesco a stare zitta.

giovedì 7 ottobre 2010

Sono ancora dentro i confini della malattia, la malattia che mi fa girare lo sguardo in basso verso sinistra, masturbarmi un sopracciglio e cercare le parole.
Le parole che ti avrebbero fatto desiderare me, che te l'avrebbero fatto venire duro, che ti avrebbero fatto venire voglia di cercarmi.

La malattia dice che c'è una parola esatta, due forse, ma solo quelle. Due parole esatte che però non esistono, due parole esatte e magiche che sono fumo. Dice che ci sono delle regole, che le regole si possono trovare, che il mondo è una macchina, che le persone sono macchine con i pulsanti. Ma anche questi pulsanti sono invisibili. Sono invisibili a me. Gli altri sembrano averli trovati.

La malattia ti dice che tutto funziona per regole e macchine ma ho letto il manuale ed è tutto di pagine bianche.

Tengo la penna sospesa sulla pagina bianca di un manuale inutile.

mercoledì 6 ottobre 2010

varsavia era un cumulo di macerie dopo la guerra.
hanno usato i quadri di canaletto per ricostruirla.

sono un cumulo di macerie e non ho voglia di ricostruirmi.
graniglia, fiocchi di cenere, scaglie di pittura.

magica farmacia di parole
dove sei?
onde immobili sul laminato di questa stanza artificialmente mia, le stecche di tensione elettrica dalla resistenza, arancio e grigio e arancio e nero. la sera torno a casa dopo giornate vuote e bugiarde, menzogne mi stanno addosso, mi soffocano, mi gonfiano la lingua, secca e arrotolata, non ho più voce.

affondo nel silenzio come nel cemento molle e freddo.

martedì 5 ottobre 2010

la paura mi ha accompagnato tutto il giorno.

la mia banalità mi offende come mi offende l'ottimismo ignorante che echeggia in giovani voci femminili votate ad un'assertività politica di facciata e ad una vita chiusa entro i confini di sedate sperimentazioni sessuali con amanti garbati e fedeli e domeniche culinarie per suoceri protettivi del loro investimento.

non leggo più. sto diventando ignorante e ripetitiva.
so di essere stata una persona interessante, ormai sono solo cattiva e amara. senza interessi. solo fastidi.

domenica 3 ottobre 2010

mia sorella mi ha messo sotto metadone.
ma le cose le smetti quando non ne hai più bisogno.
io ho ancora paura delle donne. le invidio tutte.
ma almeno non sono subdola. 
quella qualità (utilissima per vivere bene in un mondo di serpi) non ce l'ho.
sono invidiosa davvero, in faccia.

scrivere fa bene. quasi come certe scopate.
camminare mi fa bene, in mezzo al traffico la sera prima di cena, di natale.
ascoltare lo stesso pezzo per cento volte di fila mi fa bene.
leggere libri dipende.
leggere il giornale non lo so fare più.

sabato 2 ottobre 2010

Mosche lente, grasse, rinscemite dal freddo e dal grigio continuano a infiltrarsi nelle crepe degli stipiti di legno marcio delle finestre di alexandra house. Vivono in densi grumi neri, immagino si mangino tra loro, con indifferenza, senza identità, senza paura.
Non conosco sopravvivenza senza colpa. Il cannnibalismo mi è inevitabile.
Cadono piccoli cadaveri addormentati quando apro la finestra. Una, al massimo due volano via, sorrette dalle correnti ascensionali del riscaldamento.

venerdì 1 ottobre 2010

Pneumatici sul cavalcavia, il rumore in sottofondo, appena increspato dai fuck you mate dei giamaicani qui sotto e dalle sirene di ambulanze e polizia.
Odore di vernice bianca e cipolle, aleggia come un fantasma placido per le scale di alexandra house.
Facce verdi sedie verdi pareti verdi cibo verde.
La mia anima marcia qui fiorisce orrendi deformi fiori rosa di trifoglio. Forse un giorno vengo bene anche in fotografia.
Non penso.