mercoledì 29 settembre 2010

Stamattina mi hanno svegliato i vicini che fanno lavori sul tetto. Gli ho urlato qualcosa dal balcone e mentre ero lì fuori ho visto una fila di lampioni spegnersi in lontananza. Prima era buio, poi si sono spenti i lampioni ed era chiaro, giorno.

Quando stavo con E. ero una foglia accartocciata, paralizzata come uno scheletro di ragno agghiacciato sul davanzale, vuota, riempita di rabbia e insulti. Le mattine con lui mi mancano, mi manca quella sicurezza del disastro, della demolizione, mi manca il suo corpo forte e caldo che si sveglia accanto a me anche quando mi rifiutava. Era una giustificazione, un senso, una direzione. Era senso.

Il dono che mi ha fatto E. è avermi dimostrato con certezza che preferisco una relazione di merda con un uomo straordinario piuttosto che una relazione felice e senza attrito con un uomo senza ispirazione. Preferisco menarmi con un uomo colto e intelligente, anche se fascista, piuttosto che andare d’accordo con un uomo noioso. Per avere e trattenere l’uomo che desidero sono disposta a vendermi, mascherarmi. Questo è il mio male, il mio bambino. So quali sono i vantaggi di questo tranello. So quali sono i costi.

Voglio che le sirene mi portino a loro. Voglio che tu mi racconti come un romanzo.

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